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La benedizione

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LA BENEDIZIONE

Alle sedici e quaranta le campane cominciano a suonare. Deve uscire di casa subito se vuole scegliere il posto in chiesa.
Si concede un’ultima occhiata allo specchio. L’abbigliamento le si addice: un giaccone grigio perla con inserti in tinta, pantaloni sobri ma eleganti, scarpe e borsa abbinati. Non ha avuto tempo per la messa in piega: l'inverno rigido la costringe a indossare il berretto di lana, e adesso i capelli fini spiccano radi e disordinati in cima al capo.
Del resto, Viviana da anni porta una treccina smilza, forse per apparire più giovane o forse per non andare più dal parrucchiere, ma lei non potrebbe imitarla.
Il tragitto è breve, lungo una via acciottolata in cui si accalcano le persone sotto i rintocchi delle campane che battono l'aria fredda.
Una leggera malinconia la prende mentre sale la gradinata d'accesso al Duomo.
Viviana è già al consueto posto della fila laterale destra, poco oltre il centro della navata. Ha macchie scure in faccia, occhiaie bluastre e sporgenti. Gemma non osa chiederle del suo stato di salute perché non le direbbe niente, come ha sempre fatto.
Uno sguardo d’intesa ed entrambe sono sedute l’una vicina all’altra.
Viviana, come al solito, indossa un piumino lungo e nero che accentua l'incarnato scuro del viso. Continua a incaponirsi con i colori tetri.
Venti minuti al freddo nell’attesa della celebrazione sono sufficienti per i pensieri più insidiosi.
Che cosa ci sia andata a fare la sorella a Desenzano è una domanda che Gemma non ha smesso di porsi. Viviana avrebbe dovuto convincere il marito a rimanere in città, che il lago ce l’avevano anche loro. Gemma ha sempre saputo che con quello Viviana non aveva nulla da spartire. È che voleva sposarsi. Sposarsi. Bella roba. Come se fosse facile trovare la persona giusta. La maggioranza si adatta. Sposarsi. Ma non le era bastato il matrimonio infelice di mamma e papà? Quella sofferenza e la tristezza respirata in casa per anni?
Certo, lei ha fatto una scelta diversa. Dedicare la sua vita all’insegnamento è stata missione soterica. Se anche Viviana avesse imboccato quella strada, si sarebbe risparmiata tanto dolore e adesso non vivrebbe la frustrazione dei fallimenti. In fondo, avevano seguito gli stessi studi umanistici. E Gemma ha tenuto vive nella mente le conoscenze, invece Viviana, per compiacere quello, ha fatto la casalinga, la bambinaia, la serva. E poi, vedi come è andata a finire?
Venti minuti e poi mezz'ora. Gemma mal sopporta l'attesa. I suoi pensieri sono riflessioni ripetute, incollati come aghi di pino a rami vecchi pieni di resina. L’ anima è una trottola che gira su argomenti dibattuti troppe volte, senza una reale soluzione o soddisfazione.
Si volge a guardare il profilo della sorella che pare raccolta in preghiera o assorta nei suoi pensieri. Poi, guarda l’orologio: sono già le cinque passate. Che cosa aspetta il prete a dar avvio alla Messa? Il Duomo è pieno di fedeli, il coro, a destra dell’altare, pronto per l’attacco dell'organo. E intanto si muore di freddo. Dicono crisi energetica, ma si sa che loro piangono sempre miseria. Le candele da accendere davanti alle statue sono dei moccoli da inserire in cilindri colorati e costano un euro l'una.
Ah, ecco! Finalmente è uscito il monsignore avvolto nei paramenti. Davanti a lui la teoria dei chierichetti con la croce e l'incenso, e il concelebrante con lo sguardo sempre basso.
Gemma tira un sospiro di sollievo. E anche Viviana. Il freddo deve averle attanagliato i polpacci avvolti nelle calze fini. Chissà perché si è sempre rifiutata di indossare i pantaloni .Viviana è tutto un mistero, che Gemma non è mai riuscita a decifrare.
Il monsignore ha dato avvio alla messa. I canti muovono le emozioni e Gemma attende l’omelia.
“È iniziato un nuovo anno e molti saranno felici di essersi lasciati alle spalle il vecchio che, però, non è giusto dimenticare perché anche in esso, nonostante tutto, il Signore ha lasciato i segni della sua benedizione. Noi, a volte, siamo dei giudici troppo severi: dobbiamo imparare a meditare di più. Ecco, meditare. Non si deve attribuire a questo verbo il significato di un’azione che ci aliena dal mondo, che ci relega. Meditare nel suo significato originario equivale a: curarsi di qualche cosa, riflettere. E se impariamo a riflettere, impariamo a capire che non ci capitano solo quelle avversità che chiamiamo maledizioni, ma che il nostro cammino, nonostante i nostri errori, è sempre accompagnato dal bene che Dio ci vuole, cioè dalla sua benedizione.
E noi ci dobbiamo chiedere se siamo, se siamo stati nell’anno che è passato, benedizione per qualcuno. Magari proprio per le persone a noi più vicine, che, a volte, perdiamo di vista”.
Gemma rivolge il viso verso Viviana: la sorella ha le palpebre abbassate e si stringe nel piumino nero. Tiene le braccia strette attorno al busto che rivela la sua magrezza. Sembra immota in quella posizione e fuori dal tempo e dallo spazio.
Poi, improvvisa, stacca una mano dalla presa sul gomito e, come faceva da ragazza, afferra la treccina smilza che esce dal berretto di lana e l’attorciglia attorno al pollice.
Gemma avverte per lei il respiro di una tenerezza mai provata prima.



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